Che siate appassionati di letteratura, cinema o serie televisive, quando vi incontrate – in modo reale o virtuale – con le persone che condividono i vostri stessi interessi non c’è cataclisma che vi possa fermare: la discussione sulle vostre passioni sarà sempre il piatto principale di tutte le vostre conversazioni. In questa categoria sento orgogliosamente di entrarci anch’io e non c’è prezzo quando i confronti si fanno dal vivo, davanti ad una cioccolata calda o ad un bel gelato, oppure passeggiando tranquillamente.
Può capitare tuttavia, più spesso quando ci si trova in gruppo, il tanto temuto momento di gelido silenzio nell’attimo in cui qualcuno rivela entusiasticamente agli altri che tra i suoi generi preferiti c’è la fantascienza.
Tralasciamo il caso in cui gli appassionati del genere siano tutti d’accordo, poiché nella mia testa sento già partire il jingle che segue al famoso “ti piace vincere facile?” e mettiamo tutta la nostra concentrazione nei gruppi dagli interessi eterogenei.
Se al centro della questione ci fossero altre categorie il problema non si porrebbe, ma con la fantascienza no, non è possibile, sia essa letteraria o cinematografica. Ci sarà sempre qualcuno pronto a giudicarla qualcosa di nicchia, a metterla in secondo piano, a dire che non la comprende o che non ne vuole sapere. Quando non capita il caso dello scivolone estremo: la confusione tra fantascienza e fantasy, che farebbe inorridire insieme alieni ed elfi della Terra di Mezzo.
Intendiamoci, ognuno di noi ha dei generi letterari o cinematografici che preferisce rispetto ad altri, non è certo intenzione di questo articolo proclamare la superiorità della fantascienza su tutto il resto. Troppo spesso, tuttavia, si assiste al massacro di questo genere: raramente si decide di dare premi a film o serie televisive di fantascienza, mentre nel campo della letteratura la situazione odierna è ancora più drammatica, poiché troppo spesso nell’editoria manca il coraggio di puntare su di essa e si preferisce dare in pasto alle folle innumerevoli sfumature di nulla.
La fantascienza è figlia del sapere scientifico. Lo stesso sapere che ha tra i padri fondatori Galileo Galilei e tra i suoi sostenitori Giordano Bruno, entrambi duramente perseguitati per il loro pensiero che contrastava con le vecchie teorie tolemaiche. Galileo seppe salvarsi e di Giordano Bruno, invece, conosciamo tutti la fine. Non riuscirei nemmeno a concepire l’idea di cosa sarebbe stata la storia del pensiero scientifico senza questi due grandi pensatori.
I natali di questo genere sono dunque nobili e di incredibile valore.
Man mano che le conoscenze dell’uomo sono progredite nella storia anche la fantasia degli scrittori si è ampliata a dismisura. Tuttavia, a differenza del racconto fantastico, la fantascienza ha sempre avuto una strettissima correlazione con il mondo reale: per esempio gli immaginari mondi distopici, ambientati nel futuro dominato da una tecnologia di livello superiore, altro non sono che il riflesso di un presente in continua evoluzione.
Per fare una semplice dimostrazione ho scelto il primo libro di fantascienza che mi è capitato sottomano nella mia libreria personale.
Fahrenheit 451, romanzo di Ray Bradbury, scritto nel 1953.
Siamo in un mondo futuro, in cui i libri sono messi al bando da una società dittatoriale e tecnologicamente avanzata. I pompieri ora hanno la mansione di creare gli incendi e non più di spegnerli, poiché è necessario bruciare ogni abitazione in cui sono detenuti dei libri. Gli esseri umani vivono in preda alla smania – ed al dovere – di essere costantemente aggiornati ed in contatto con gli altri, per cui esistono nelle case intere pareti televisive per istruirsi, informarsi e passare il tempo.
Impossibile non notare che nel lontano ’53 Bradbury aveva visto molto giusto su alcuni aspetti della società. Oggi, a più di sessant’anni di distanza, i post sui social network scandiscono le nostre giornate; non possediamo (ancora) pareti televisive, ma è quasi impossibile trovare qualcuno che non sia provvisto di un qualche dispositivo mobile per essere sempre connesso con tutto e tutti. È smania ed è dovere al tempo stesso, poiché quelle persone che non si conformano sono spesso tagliate fuori da tutto il resto.
Possiamo andare ancora un po’ più indietro nel tempo, se volete, fino a trovarci a tu per tu con Jules Verne. Nella metà del XIX secolo sembrava pura follia immaginare un viaggio dalla Terra alla Luna, o addirittura un’avventura a bordo di un sottomarino dotato di armi, eppure queste sono realtà che oggi sono state ampiamente realizzate.
La fantascienza sogna e lo fa sempre in grande, quando essa è di buona qualità, ma sa anche esprimere feroci critiche contro quell’immorale sviluppo tecnologico che porta al benessere ma soprattutto al sacrificio della libertà personale. Per questo motivo in certe occasioni essa può sembrare inquietante, tuttavia se lo fa è per indurre a riflettere sul cammino dell’uomo. Impossibile, mentre scrivo, non ricordare lo splendido monologo di Roy nel film Blade Runner.
«Ho visto cose che voi umani non potete immaginare. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.»
Può non essere il proprio genere preferito, può anche sembrare strana e particolare, ma credo fermamente che la fantascienza – nella letteratura e nel grande e piccolo schermo – debba senza dubbio far parte del bagaglio di conoscenze di ogni persona.
Chiara Liberti
Ci ho messo anni a comprendere che la fantascienza fosse il mio genere preferito in quanto multigenere: se fatta bene, infatti, può contenere tantissimi elementi che anticipano il futuro oppure sanno raccontare il nostro presente da una prospettiva molto diversa.
Ci sono due romanzi di cui mi preme parlare.
“Le guide del tramonto” di Arthur C. Clarke e “Il sole Nudo” di Isaac Asimov.
Il primo è datato 1953. Clarke è autore di tanti romanzi, tra cui Odissea nello spazio, ma anche questo fa parte delle sue opere pregevoli.
Racconta di un’invasione aliena molto pacifica che porterà l’umanità verso l’età dell’oro e alla nuova tappa dell’evoluzione umana.
Uno dei punti di forza di questa storia è il fatto che gli alieni non si mostrano mai per diverso tempo perché hanno paura di essere visti come dei mostri.
Alla fine il tabù crollerà e finiranno per mostrarsi, mostrando un volto inquietante, una delle paure ancestrali dell’umanità, ma il loro comportamento è lo stesso.
Sono buoni, pacifici e vogliono il nostro bene.
Una splendida critica a chi vede il male in qualcosa di diverso, contrario alle nostre credenze e alle nostre esperienze.
E questo non sarebbe reale? Quante volte si ha paura dello straniero perché crede in qualcosa in cui non condividiamo?
I nativi americani non sono stati forse sterminati perché considerati peccatori, pagani ed essere inferiori per credenze diverse dalla nostre?
Quasi tutta la loro civiltà è stata distrutta proprio per queste paure.
Stupide paure.
Quanto a “Il Sole Nudo” di Isaac Asimov del 1956, proprio come il romanzo di Bradbury parla di internet, di grandi finestre di comunicazioni tramite i quali si parla, ma non si hanno veri contatti umani.
L’umanità, in questo pianeta lontano, Solaria, vive immerso nella natura, e comunica con queste grandi finestra, ma i contatti fisici non esistono e c’è chi ne ha ormai un sacro terrore.
Il contatto estremo con la natura può portare all’alienazione con la propria specie.
Ne farà tesoro il protagonista, il tenente Bailey, parlando con il suo diretto superiore, dopo aver preso una decisione a dir poco sconcertante e, per certi versi, immorale. E tale scelta è uno dei motivi per cui Il sole nudo è senz’altro un capolavoro o quasi
Non vi dirò che decisione ha preso Bailey perché ci terrei che leggeste questo libro.
Quello che è intrigante è che Asimov sia stato capace di anticipare l’alienazione della società di oggi e di certe persone, talmente amanti della natura, da essere incapaci di amare i propri simili.
Ogni cosa se portata all’eccesso può diventare un male.
E a proposito di questo mi piace citare la mia serie preferita, Fringe.
Tra i punti cardini della trama vi è il salvataggio di un figlio da parte di un padre.
Quest’uomo, uno scienziato di nome Walter Bishop, ha appena perso suo figlio, Peter Bishop, di una devastante malattia.
Grazie al suo ingegno è stato capace di aprire una piccola finestra su un universo parallelo più tecnologicamente avanzato, nella speranza di poter salvare detto figlio.
Egli era convinto che se anche l’altra versione di Peter fosse stata malata, il suo alter ego, ribatezzato Walternate, sarebbe stato altrettanto motivato a salvarlo.
Così era in effetti.
Ma alla fine Walter perde il proprio Peter e, vedendo che il suo doppio non è in grado di guarire il proprio figlio, decide di farlo lui.
Questo gesto, comprensibile, ultragiustificato e umanissimo, causerà involontariamente una serie di eventi, tra cui lo scoppio di una guerra tra universi.
JJ Abrams, ideatore di Fringe ha detto:
“E’ andato in un fottuto universo parallelo e ha preso la loro versione di Peter. Tutto ciò è bellissimo e terribile!”
Tutto questo suona irreale? Davvero? Quale padre, con un po’ di cuore in petto, non farebbe ciò che ha fatto Walter? E quale padre, vedendosi rapire il figlio e distruggere il proprio mondo, non farebbe ciò che ha fatto Walternate?
Quante guerre sono nate da torti involontari? Da rapimenti? Da sete di vendetta e giustizia?
Riuscireste a fare un calcolo?
E quante volte alla fine nei conflitti è impossibile stabilire chi ha torto e chi ha ragione?
E in genere cosa si cerca di fare?
Di creare cosa?
Dei ponti di pace…
Esattamente quello che crea Peter per mettere fine al conflitto.
E ditemi ancora che tutto questo non è reale…
Silvia Azzaroli
Quando ero una ragazzina mi sono imbattuta per caso in Autocombustione umana di Bob Shaw. E posso dire che mi ha letteralmente cambiato la vita di lettrice.
Ray Jerome, il protagonista del libro, è un giornalista con una formazione da ingegnere perciò ha un atteggiamento molto pratico e con i piedi ben piantati per terra. Quando gli viene assegnato il compito di scrivere un articolo su un caso di autocombustione umana, è tutt’altro che contento. Jerome pensa che si possa trattare di una bufala e non ha nessuna voglia di avere a che fare con quel tipo di storia.
Dopo essersi informato sull’argomento, scoprendo che nel passato ci sono stati casi documentati di autocombustione umana mai davvero spiegati, a Jerome non resta che andare a indagare sull’ultimo caso. Una pista lo porta a cercare un medico, invece si imbatte in un altro caso di autocombustione umana che avviene di fronte ai suoi occhi. C’è davvero qualcosa sotto ma si rivela ben diverso da ciò che avrebbe potuto immaginare.
La spiegazione che Bob Shaw da di questi fenomeni è tutt’altro che paranormale, anzi. Da questo libro ho voluto mettere le mani su tutti gli Urania, la famosa collana della Mondadori che in Italia pubblicava – e lo fa tutt’ora – romanzi di fantascienza. Urania era la dea dell’astronomia. Grazie a questi libri ho potuto aprire i miei orizzonti, venire a contatto con le riflessioni più profonde e intriganti sull’animo umano. Robert Silverberg con il suo splendido Monade 116 riflette sul problema della sovrappopolazione. Il grande Isaac Asimov, oltre a essere uno dei padri del genere, era anche un grande divulgatore scientifico. Sono noti i suoi libri sui robot, dove enuncia le famosi leggi della robotica che sono diventate norme irrinunciabili per qualsiasi scienziato che abbia a che fare con i robot. Sono meno noti libri come I mattoni dell’universo, edito nel 1957, dove lui espone diversi argomenti tra cui il petrolio, la benzina e l’impatto che hanno questi sull’economia mondiale, l’alcol e l’effetto sul sistema nervoso e arrivando persino a creare un racconto sulla tavola periodica degli elementi, rivelandoci quanti e quali sono gli utilizzi e le applicazioni; Catastrofi a scelta, in cui lui analizza tutte le possibili cause che potrebbero portare all’estinzione del genere umano; Il collasso dell’universo in cui lui spiega con semplicità i buchi neri e i vari meccanismi fondamentali dell’universo. Carl Sagan, astronomo e divulgatore lui stesso, lo ha definito: “Il più grande divulgatore dei nostri giorni.” Posso dire che grazie a lui ho imparato molte cose sull’universo e mi ha reso sempre più curiosa, sempre più affamata di conoscenza.
Esiste poi una branca della fantascienza definita “sociologica”. Nelle opere degli scrittori della cosiddetta “fantascienza sociologica”, l’accento era posto non tanto sulle nuove tecnologie futuribili, o sui viaggi spaziali tipici della space opera, quanto su ipotetiche evoluzioni future della società umana o di alcuni elementi del vivere sociale dell’epoca: politica (anzitutto), economia, industria, mass media e dilagare della pubblicità, legalità, morale, sentimenti, abitudini, atteggiamenti.
Si usava l’escamotage di un “pensiero a ritroso” per fare critica sociale. Talvolta gli autori erano davvero feroci nell’analizzare la società in cui vivevano e forse non a torto.
Fanno parte di questa branca “Il costo della vita” di Robert Sheckley, riflessione sulla società consumistica; Il mondo nuovo di Aldous Huxley e 1984 di George Orwell in cui non si può non ravvisare i segnali di una società dittatoriale e le sue estreme conseguenze; film come Gattaca che ha come tema la possibilità di programmare un essere umano a partire dal proprio DNA e come questo può sfociare in una divisione tra cittadini di serie A e di serie B. Non vi ricorda qualcosa? I nazisti avevano teorizzato qualcosa di molto simile.
La fantascienza però ci ha regalato anche dei ritratti molto belli e toccanti dell’essere umano. Parlo de L’uomo Bicentenario, sempre di Asimov, in cui viene ritratto il rapporto tra Andrew e la sua padroncina. Un rapporto fatto di amore, di complicità e di accettazione. In un mondo in cui essere umani viene dato per scontato, o addirittura sminuito, lo sforzo e il desiderio di Andrew di essere riconosciuto come parte di una razza che sa amare, sa creare cose meravigliose, ci ricorda quanto siamo unici. Purtroppo film come questi sono rari e sono considerati meno validi di opere dal piglio distopico. La fantascienza ha tra le sue opere più belle delle vere e proprie dichiarazioni d’amore per l’umanità. Non posso non pensare all’episodio “La misura di un uomo” di Star Trek Next Generation. Come si fa a misurare un uomo? Cosa ci da la certezza di poter definire che quello è un uomo? La stessa domanda se la poneva anche, implicitamente, P.K. Dick con il suo “Il cacciatore di androidi” da cui è stato tratto il celebre film Blade Runner e anche la serie televisiva Battlestar Galactica degli anni 2000. Purtroppo però per la gente comune, e non solo, un film o un’opera di fantascienza, ha più valore se l’umanità viene descritta al suo peggio.
Ammetto di essermi dilungata abbastanza ma è triste per me veder sminuito un genere che ha portato alla luce le riflessioni più profonde e più interessanti sul genere umano. La fantascienza non è roba per ragazzini nerd brufolosi, come spesso viene considerata dalla massa. E’ invece un genere intelligente per chi non si accontenta di ricevere risposte preconfezionate sulla vita, sul mondo, sull’universo e sull’uomo ma ama porsi domande e non ha paura di oltrepassare i limiti.
Simona Ingrassia
Chi ha paura della fantascienza ?
Me lo sono chiesta all’improvviso appena il dilemma mi si è posto davanti mentre mi accingo a riflettere per questo articolo corale.
Le paure che ci portiamo dentro hanno origini talmente remote che si perdono nella notte dei tempi: le abbiamo bene impresse nel nostro codice genetico, eredità di ere violente in cui il presente era certezza mentre il futuro era paura. Era il tempo in cui le conquiste appartenevano agli audaci e i racconti delle loro gesta avvincevano le genti ingigantendosi in versi e poemi, sorprendendo, incantando, e terrorizzando quando l’ira di Demoni e Dei si abbatteva sugli eroi.
Erano le storie che oggi noi chiamiamo Epica, Mitologia; e che probabilmente furono i primi racconti di fantascienza per gli uomini di un tempo dimenticato .
Leggende spaventose, di quelle che toglievano il respiro e facevano tremare i polsi, si sono tramandate nei millenni accendendo la fantasia di autori del futuro e del terrore come Jules Verne e Mary Shelley.
la paura odierna per la fantascienza proviene da questo retaggio, e riflette il desiderio dell’uomo medio di fuggire dagli scenari moralmente e tecnologicamente terrificanti che il genere tende a porre senza veli davanti agli occhi del lettore e dello spettatore. Ci vuole grande coraggio per reggere l’annuncio della deriva umana e accettare di guardarla in faccia prim’ancora che i segni si rivelino nella realtà.
Per questo la fantascienza disturba e fa paura.
Maria Pia Leone
Quando ieri mi hanno chiesto di scrivere un mio contributo per questo articolo corale, la prima reazione è stata di rinunciare, avendo già letto i contributi degli altri non capivo che nuova angolazione potessi dare al mio pezzo, mi hanno convinto a non preoccuparmi di eventuali ripetizioni.
Durante l’intera mattinata ho pensato a che cosa avrei voluto scrivere, adesso ci sono talmente tante cose che vorrei dire che spero di riuscire a non essere confusionario.
Mi hanno consigliato di iniziare dal perché amo la fantascienza, questa è facile, a volte è impossibile dire perché una cosa piace: qual’è il vostro colore preferito e perché lo è? OK, ho fatto l’esempio sbagliato, il mio colore preferito è l’arancione probabilmente perché sono un amante del sole, del caldo e dell’estate. Ma torniamo alla fantascienza che amo perché amo la scienza e di conseguenza la tecnologia (non in quanto collezione di gadget luccicanti ma in quanto mezzo per fare cose che prima non si potevano fare e come frutto dell’avanzamento scientifico). La fantascienza ha tanti sottogeneri, non farò un elenco tedioso di quali preferisco, invece mi interessa puntualizzare la differenza tra la fantascienza ottimistica e quella che denuncia i pericoli inerenti ad un avanzamento tecnologico fuori controllo. Visto quello che ho scritto sul perché amo la fantascienza facile intuire che tendenzialmente apprezzo più la prima, il che è curioso, perché chi mi conosce sa che sono tutt’altro che ottimista nella vita di tutti i giorni.
Su questo aspetto tornerò tra un attimo, “chi ha paura della fantascienza” recita il titolo, chi l’ha proposto mi ha spiegato come quel paura va inteso in senso molto lato e ricomprende chi la sottovaluta e la rifiuta per i più svariati motivi, sono molte le motivazioni che le persone forniscono quando gli chiedi perché non amano la fantascienza, la premessa su come a volte non sia possibile dire perché una cosa ci piace era funzionale a premettere che è vero anche il contrario: una cosa può non piacermi senza che io abbia voglia di interrogarmi sul perché o di spiegarlo, rispettabile e a queste persone è inutile che mi rivolga.
Mi rivolgo invece a chi fornisce alcune delle motivazioni più comuni:
La fantascienza è una stupidaggine perché parla di cose non reali questa come motivazione è talmente insulsa che verrebbe la tentazione di insultare chi la proferisce invece di rispondere, ma se sto scrivendo un articolo è perché voglio comunicare qualcosa, insultare non è un modo di comunicare efficace. Perché l’affermazione è insulsa? Perché ci sono almeno tre modi diversi di criticarla:
1) la fantascienza parla di cose futuribili c’è una importante differenza rispetto al parlare di cose non reali;
2) la fantascienza a volte può essere usata perché uno scenario “alieno” dà la possibilità di distaccarsi dal contingente rappresentato dall’attualità e dalle nostre convinzioni politiche, religiose, etc ed affrontare in maniera più oggettiva problemi realissimi come la capacità di riconoscere quello che ci accomuna con chi è altro, da noi invece che ciò che ci divide.
Fulgido esempio è il sottovalutatissimo e bellissimo Il mio nemico, davvero un piccolo gioiello sulla capacità distruttiva dell’odio e su come la conoscenza reciproca possa superarlo;
3) anche se la fantascienza parlasse davvero semplicemente di cose non reali è un motivo sufficiente per dequalificare un’opera? Il libro più famoso della storia dopo la Bibbia, la Divina Commedia di Dante Alighieri ci risulta sia una storia di fantasia, Shakespeare mette un fantasma nell’Amleto e spiritelli e altre creature fantastiche ne la Tempesta, ma l’elenco di letteratura di “Serie A” che parla di cose non reali è infinito.
Ok ma reale o non reale, la fantascienza parla di cose lontane da me, io nelle storie cerco situazioni in cui immedesimarmi perché le godo su un piano emozionale prima che razionale e con la fantascienza non ci riesco.
Forse hai visto la fantascienza sbagliata (per te), ora l’hai bannata tutta e così ti privi del piacere della scoperta di tante cose che potresti amare. Una delle mie serie preferite Fringe parla di universi paralleli e di stranezze (para)scientifiche di ogni genere ma è essenzialmente la storia di un padre e di un figlio. Il primo che ha colpe immense, verso la sua famiglia e verso l’umanità, ma è anche un padre che farebbe di tutto per suo figlio (che riesce a perdonarlo proprio per questo), il suo processo di riabilitazione passerà anche attraverso la comprensione del fatto che a volte la cosa giusta da fare entra in rotta di collisione col suo amore di padre. Temi lontani da noi e in cui è difficile immedesimarsi?
Aha! Qui ti volevo: hai scritto amo la fantascienza perché amo scienza e tecnologia, ma io non le amo così acriticamente, anzi vedo più pericoli che opportunità.
Questa è l’obiezione a cui è più facile rispondere, pur non avendo fatto uno studio approfondito credo di poter affermare che la fantascienza nasce per quelli come me, leggendo i primi romanzi di fantascienza a cominciare da quelli di Jules Verne è indubbia la fascinazione per il progresso se non addirittura la visione ottimistica, il genere stesso nasce dalla meraviglia suscitata dall’avanzare del progresso tecnologico, però in seguito si è sviluppato tutto un sottogenere della fantascienza che riflette le paure e le diffidenze. Come sempre a vari livelli: c’è il prodotto che punta all’intrattenimento più facile che sfrutta l’alieno ostile o il robot assassino senza che ci sia alcuna volontà di analisi o denuncia, c’è anche il prodotto che approfondisce questioni di cui preoccuparsi realmente. Quindi cari haters della scienza e del progresso, anche voi nella fantascienza trovate di che sguazzare. A questo proposito ammetto di essere un po’ talebano, uno dei migliori prodotti televisivi degli ultimi anni è una serie inglese, Black Mirror, nata proprio per questo, far riflettere denunciando gli scenari più oscuri verso cui sembra avviata (o potrebbe avviarsi) la nostra società tecnologica, ecco io ho visto solo un paio di episodi di questa serie, pur avendoli trovati realizzati in maniera magistrale non sono riuscito a vederne di più.
Non che sia così importante ma occorre chiarire: ho scritto all’inizio che non sono ottimista, devo aggiungere che gli innegabili progressi nelle condizioni di vita nell’umanità li ascrivo completamente all’avanzamento scientifico e tecnologico, non sto parlando di frigoriferi e condizionatori, parlo per esempio dell’affermarsi di concetti “di lusso” come i diritti umani, nella mia visione non sono frutto delle religioni o delle elaborazioni filosofiche ma solo del miglioramento delle condizioni materiali di vita frutto del progresso scientifico e tecnologico.
Parlando di intelligenza artificiale certamente anche se ho amato i primi due Terminator la mia visione mi porta ad amare più Data (l’androide di Star Trek TNG) di Skynet, ma vorrei segnalare l’approccio interessante intrapreso dalla recente serie Extant, la serie non è certo un capolavoro, potete tranquillamente perderla, ma il primo umanich (così chiamano gli androidi in questa serie) costruito con l’aspetto di un bambino, viene fatto imparare come un bambino vero, cercando di dargli una moralità e dei valori etici corretti tramite le giuste esperienze.
Pensandoci: perchè darsi tanta briga? Il problema l’aveva già risolto Asimov con le tre leggi della robotica implementate nei cervelli positronici, perchè complicarsi la vita dando ai robot il libero arbitrio? Il caso di Data è ancora un po’ diverso, vive come un essere umano, non obbedisce alle tre leggi di Asimov (di certo non obbedisce a qualsiasi umano gli dia un ordine, anzi è un ufficiale spesso gli ordini li impartisce) però il problema di avere un androide che sarà certamente “buono” viene risolto in puro stile Star Trek così come era stato fatto per i Vulcaniani, tolte le emozioni e dunque l’illogicità un essere si comporterà in maniera logica e dunque positiva.
Il padre degli umanich in Extant evidentemente voleva dare l libero arbitrio (così come il padre di Data), aveva l’ambizione di creare una nuova forma di vita, i robot di Asimov sono (per quanto meravigliosi) strumenti. Il discorso è solo accennato, risulta chiaro su quanto si potrebbe dibattere sulle varie angolazioni del problema, ad esempio: Asimov amava i suoi robot, ma considerato che sono coscienti e profondamente intelligenti ma limitati dalle tre leggi, ha creato una razza di schiavi?
Esiste un altro genere che si presti a far pensare così tanto?
Ricapitolando, nella fantascienza trovate:
l’intrattenimento più fracassone, luccicante e spensierato (purtroppo dico io, ma non sempre, in fondo ci sta anche quello ogni tanto);
quella che veicola temi e valori importanti ed attuali (l’esempio de “Il mio nemico”);
quella che pure in mezzo ad avvenimenti insoliti ci parla di noi, ad esempio di un padre e di un figlio, come quella sopracitata di Walter e Peter Bishop di Fringe che è una delle più belle storie mai viste;
quella che sollazzerà chi nel progresso vede solo pericoli, ma anche quella per chi su questi pericoli (che esistono lo ammetto) vuole dibattere in maniera intelligente;
quella per chi come me vede un pessimo presente ma sogna in un futuro migliore per l’umanità;
Se non trovate la fantascienza che fa per voi, è solo perché non avete interesse a trovarla.
Roberto Todini